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domenica 14 agosto 2016

S.E. Mons. Castro Mayer :“La Chiesa che aderisce formalmente e totalmente al Vaticano II con le sue eresie non è, né potrebbe essere, la Chiesa di Gesù Cristo".


 TORMENTATO CORSO DELL’IPOTESI TABÙ SUL PAPA ERETICO

L’EDITORIALE DEL VENERDI
di Arai Daniele

Con piacere segnalo la pubblicazione del libro «IPOTESI TEOLOGICA DI UN PAPA ERETICO» (Edizioni Solfanelli, 2016) dello studioso brasiliano Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira, traduzione italiana della Iª parte del contenuto del lavoro accordato e seguito da Sua Ecc. Mons. Antonio de Castro Mayer (in foto).
Tale studio occupa una posizione di rilievo nella storia della Chiesa della nostra epoca per l’importanza del tema trattato in tempo opportuno (1970), pur da posizione isolata e controcorrente, ma, principalmente, per la parte essenziale che ha avuto in esso il preclaro Vescovo di Campos d’illustre memoria, Antonio de Castro Mayer.
A causa dell’amicizia filiale che mi lega all’illustre prelato, così come all’amicizia con l’Autore, sono stato in grado di aggiungere informazioni importanti sulla questione. Esse furono in parte pubblicate a suo tempo dal quindicinale  “sì sì no no”, del 30 giugno 1983.
Infatti, tale lavoro è stato scritto secondo lo stesso Mons. Castro Mayer: “a quattro mani”. Arnaldo si era recato alla Sede episcopale di Campos, dove ha redatto il lavoro seguito dal Presule che poi ha voluto mettere per scritto che la sua proprietà è del dott. Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira, membro della TFP.

Qui seguirà quanto ho pubblicato allora sul sì sì no no, che non solo riguarda il corso del lavoro – inviato già nel 1970 a tutti i vescovi brasiliani – ma nel 1974, insieme a due altri lavori, a Paolo 6, che non ha mai risposto alle gravi questioni di Fede lì esposte.
Nel gennaio 1974 Sua Ecc.za Mons. Antonio De Castro Mayer, allora Vescovo di Campos (Brasile), inviava a Paolo VI, la lettera, che di seguito rendiamo nota.
Vi erano allegati tre studi dei quali il quindicinale pubblicò il secondo, sulla libertà religiosa.
«E’ una documentazione di tangibile attualità e di estremo interesse, ai fini della comprensione di un pontificato, le cui scelte disastrose gravano tuttora sulla Chiesa nelle loro amarissime conseguenze. Basta leggere poche righe per capire che gli scritti di Mons. De Castro Mayer non hanno niente in comune con gli appelli emotivi o le proteste avventate: è un successore degli Apostoli che cosciente della propria responsabilità si rivolge al successore di Pietro per esporgli gravissime obiezioni fondate su argomenti inoppugnabili. Si avverte che la devozione verso il Santo Padre quasi lo fa tremare, ma non lo trattiene per questo dall’esporre con serena fermezza il Suo dissenso da atti pontifici che compromettono le radici stesse della Fede cattolica, apostolica, romana.
La lettera di Sua Eccellenza Castro Mayer non ebbe mai altra risposta che questa, trasmessa il 22 marzo 1974, tramite il Nunzio Apostolico Carmine Rocco: «Le lettere dei 25 gennaio u. s. dirette all’Eminentissimo Card. Baggio e a Sua Santità Paolo VI, insieme con gli studi fatti da Vostra Eccellenza, sono pervenute a destinazione».
 Sul contenuto degli studi scese il silenzio più impenetrabile: in questo modo semplicistico l’Autorità decaduta credeva di risolvere la scottante questione. Né la gravità delle obiezioni dottrinali né l’affanno di un Vescovo costretto a dissentire dal Papa per rimanere fedele a Cristo, alla Chiesa, alle anime, poterono indurre Paolo VI a lacerare quello schermo dietro il quale amava celare il suo vero volto.
Eppure, come risulta dalla lettera a Mons. Antonio De Castro Mayer era stato espressamente ordinato in nome del Santo Padre di manifestare in tutta libertà le ragioni del suo dissenso. ln realtà Paolo VI (o chi per lui) voleva soltanto accertare fin dove si sarebbe spinta la resistenza dell’allora Vescovo di Campos. Già negli anni settanta, allorché a quest’ultimo era stata attribuita una rigorosa analisi teologica sulla possibilità di un Papa eretico e sul nuovo Ordo Missae, il Secretario di Stato Card. Jean Villot e il Cãrd. Sebastiano Baggio erano intervenuti personalmente, non per chiarire questioni dottrinali ma per assillare il Vescovo dissenziente con raccomandazioni di «riserbo e discrezione che s’impongono».
Ora, nella lettera che accompagna i tre studi Mons. A. De Castro Mayer assicurava il suo “riserbo” e manifestava l’intenzione di non rendere pubblico il suo dissenso. Tanto bastava a Papa Montini e ai montiniani. Tutto il resto: l’integrità della Fede, la fedeltà alla Tradizione cattolica, la sofferenza di tutti coloro che, come Mons.Castro Mayer, si sentivano lacerati tra l’ubbidienza alla Chiesa e l’ubbidienza non dovuta, ma pretesa, ad un corso ecclesiale in rotta con la Fede e la Tradizione immutabili della Chiesa, tutto questo poco interessava a chi aveva messo il proprio io al posto di Dio.

E così furono giocate la semplicità, la devozione e la fiducia di un Vescovo, che non aveva ancora misurato la profondità dell’abisso in cui sembrava precipitata la suprema Autorità nella Chiesa. Solo gli anni e l’evidenza dei fatti lo avrebbero convinto che, in tempi come questi, il silenzio di chi ha responsabilità di anime è omissione colpevole e l’obbedienza incondizionata deplorevole complicità.



Segue la LETTERA del Vescovo A. De Castro Mayer a PAOLO VI
Beatissimo Padre, prostrato rispettosamente ai piedi di Vostra Santità, chiedo venia di sottomettere alla Vostra considerazione gli studi allegati alla presente lettera.
L’invio di questi studi e in ubbidienza all’ordine di Vostra Santità, trasmesso con lettera dell’Eminentissimo Cardinale Sebastiano Bacci all’Eminentissimo Cardinale Vicente Scherer, della qnale quest’ultimo mi ha messo al corrente a viva voce durante un nostro incontro a Rio de Janeiro il 24 settembre u. s.
Nell’ottobre scorso, ho avuto l’onore di scrivere a Vostra Santità affermando il mio filiale rispetto a tali ordini. Tra questi c’era quello per cui, nell’eventualità che «in coscienza io non fossi d’accordo con gli atti dell’attuale Magistero Ordinario della Chiesa», «manifestassi liberamente alla Santa Sede» il mio parere. E’ quel che faccio, con tutta la riverenza dovuta all’ Augusto Vicario di Gesù Cristo, consegnando a Vostra Santità i tre studi allegati.

Con ciò – si degni Vostra Santità notare – non faccio altro che un atto di ubbidienza alla Vostra veneranda determinazione. Gli apprezzamenti li espressi li ho concepiti durante atti di riflessione e di preghiera. Non è nelle mie intenzioni renderli pubblici, poiché sono certo che il mio riserbo sarà gradito a Vostra Santità.
Santo Padre, l’ubbidienza mi obbliga ora a comunicare a Vostra Santità pensieri che forse vi cagioneranno afflizione. Lo faccio però con l’animo in pace, poiché sono nella via della sincerità e dell’ubbidienza in cui conto di rimanere con la grazia di Dio. Però, se è tranquilla la mia coscienza, allo stesso tempo è triste il mio cuore.
Infatti tutta la mia vita di Sacerdote e di Vescovo è stata segnata dall’impegno di essere, entro il mio limitato campo di azione, per la mia devozione senza restrizioni e la mia ubbidienza senza riserve, motivo di grazia per i vari Papi sotto la cui autorità ho successivamente servito. lnvece, nella congiuntura presente, la devozione e l’ubbidienza mi portano a rattristare Vostra Santità…
Imploro da Vostra Santità compassione per l’ubbidienza di questo Vescovo ormai settuagenario e che vive in questo momento l’episodio più drammatico della propria esistenza. E chiedo a Vostra Santità almeno una particella di quella comprensione e benevolenza che tante volte avete manifestato non soltanto verso quelli che Vi stanno vicini, ma anche con persone estranee, e perfino nemiche del Gregge unico dell’unico Pastore.
Negli anni ha preso corpo nel mio spirito la convinzione che atti ufficiali di Vostra Santità non hanno quella consonanza, che con tutta l’ anima desideravo vedere, con gli atti dei Pontefici che Vi hanno preceduto.
Non si tratta chiaramente di atti garantiti dal carisma dell’infallibilità. Cosi, quella mia convinzione non scuote in niente la mia fede senza riserve nelle definizioni del Concilio Vaticano I. Timoroso di abusare del tempo prezioso del Vicario di Cristo, mi esimo da più ampie considerazioni e mi limito a sottomettere all’attenzione di Vostra Santità tre studi: -1 riguardo la «Octogesima Adveniens»; -2 riguardo la Libertà religiosa; – 3 sul nuvo «Ordo Missae» (di quest’ultimo è autore l’avvocato Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira, al cui pensiero mi associo).

Sarà superfluo aggiungere che in questo momento, come in altri della mia vita, porterò a compimento, in tutta la misura ordinata dalle leggi della Chiesa, il sacro dovere dell’ubbidienza. E in questo spirito, con il cuore di figlio ardente e devotissimo del Papa e della Santa Chiesa, accoglierò qualsiasi parola di Vostra Santità riguardo a questo materiale. ln modo speciale supplico Vostra Santità di volermi comunicare: a) se trova qualche errore nella dottrina esposta nei tre studi allegati; b) se vede nella posizione assunta negli studi menzionati circa i documenti del Magistero Supremo qualcosa che discordi con la riverenza che ad essi è dovuta come Vescovo.
Supplicando che Vostra Santità voglia concedere a me e alla mia Diocesi il prezioso beneficio della Benedizione Apostolica, sono di Vostra Santità figlio umile e ubbidiente
Antonio De Castro Mayer   +  Vescovo di Campos
*   *   *

Allora, la devozione e la fiducia del Vescovo verso la figura del Santo Padre furono giocate, non avendo egli ancora misurato l’abisso aperto in nome della suprema Autorità nella Chiesa. Ma negli anni seguenti, l’evidenza dei fatti contrari alla Fede, lo convinsero che la sua responsabilità richiedeva una forte testimonianza contro tale attacco e il silenzio con la scusa dell’obbedienza sarebbe deplorevole complicità.
Intendo, in seguito, tornare sul corso della resistenza crescente di questo prode presule, iniziata dal gravissimo sospetto di eresia da parte di chi occupava la Sede di Pietro, a causa della promozione del «novus ordo», la messa di Paolo 6, studiata nell’altra parte del libro in questione. Esso fu pubblicato nel frattempo in francese con il titolo: «LA NOUVELLE MESSE DE PAUL VI: Qu’en penser ?» (DPF, Chiré, 1975), dove la parte sull’ipotesi del Papa eretico era, invece, nella seconda metà.
Qui devo aggiungere, però, che se l’importanza del lavoro fu il tempismo con cui sollevò il cruciale problema, legandolo alle alterazioni applicate alla Santa Messa da Paolo 6, non parimenti si può concordare con l’ordine delle materie e le conclusioni a cui giunse. Infatti, esso segue un ordine d’idee che implica errori che si trascinano nelle questioni della Chiesa da lungo tempo. Anche di questo si tratterà in seguito, per cui si anticipa solo che le questioni già definite da Bolle papali e dal Diritto canonico, non devono far parte di ipotesi ancora da discutere. In questo senso, il lavoro in questione, nonostante la sua erudizione tradizionale, può indurre in gravi errori.

Ad ogni modo resta che essendo pubblicato nel infausto momento storico della comparsa del «NOM» di Paolo 6, fu praticamente il primo a sollevare il gravissimo problema, per cui era il caso di vagliare l’eresia in alta sede. Cercò di farlo con argomenti secondo grande teologi della Chiesa, ma trascurò leggi e definizioni apostoliche a riguardo; un vecchio problema d’ordine clericale, che fa prediligere le proprie tesi e ipotesi sulle vere questioni di fede. Risultato di tale scadimento religioso: siamo alla vigilia della più mostruosa guerra globale, in un mondo intriso da menzogne, immoralità e delitti conseguenti ai più loschi governi della storia, ma Roma non è da meno e resta, da più di mezzo secolo, occupata dai loro «compagni di merenda», occupati ad animare un’anticristiana democrazia da globalizzare. Vieni Signore Gesù!

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