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martedì 3 agosto 2010

Protocollo tra il Vaticano e Mons. Lefebvre del 5 maggio 1988 e valido ancora oggi...

Protocollo tra il Vaticano e mons. Lefebvre del 5 maggio 1988

           

            "Viene istituita una Commissione, con il compito di collaborare con i Vescovi, con i Dicasteri della Curia Romana e con gli ambienti interessati, allo scopo di facilitare la piena comunione ecclesiale dei sacerdoti, seminaristi, comunità o singoli religiosi e religiose finora in vario modo legati alla Fraternità fondata da Mons. Lefebvre, che desiderino rimanere uniti al Successore di Pietro nella Chiesa Cattolica, conservando le loro tradizioni spirituali e liturgiche, alla luce del Protocollo firmato lo scorso 5 maggio dal Cardinale Ratzinger e da Mons. Lefebvre" (Motu proprio Ecclesia Dei, n. 6a)

            Questo Protocollo, sebbene successivamente denunciato da mons. Lefebvre, resta dunque in vigore come base del regolamento delle congregazioni Ecclesia Dei.

            ____________________

           

            I. DICHIARAZIONE DOTTRINALE

            Il sottoscritto, Marcel Lefebvre, arcivescovo emerito di Tulle, unitamente ai membri della Fraternità Sacerdotale San Pio X, da me fondata:

            1. Promettiamo di essere sempre fedeli alla Chiesa cattolica e al Pontefice Romano, pastore supremo, Vicario di Cristo, successore del beato Pietro nel suo primato e capo del corpo dei vescovi.

            2. Dichiariamo di accettare la dottrina contenuta nel n. 25 della costituzione dogmatica Lumen gentium del Concilio Vaticano II sul magistero ecclesiastico e l’adesione che gli è dovuta.

            3. Circa alcuni punti insegnati dal Concilio Vaticano II riguardanti le successive riforme della liturgia  e del diritto, e che sembrano conciliarsi con difficoltà con la tradizione, noi ci impegniamo ad avere un atteggiamento positivo di studio e di comunicazione con la Sede apostolica, evitando ogni polemica.

            4. Dichiariamo, inoltre, di riconoscere la validità del sacrificio della messa e dei sacramenti celebrati con l’intenzione di compiere quello che compie la Chiesa e secondo i riti riportati nelle edizioni tipiche del messale e dei rituali dei sacramenti dai papa Paolo VI e Giovanni Paolo II.

            5. Promettiamo, infine, di rispettare la disciplina comune della Chiesa e le leggi ecclesiastiche, quelle specialmente contenute nel Codice di diritto canonico, promulgato da Giovanni Paolo II, salva restando la disciplina speciale concessa alla Fraternità con una legge particolare.

           

            II. ASPETTI GIURIDICI

            Tenendo conto che la Fraternità Sacerdotale San Pio X è stata concepita da diciotto anni come una società di vita comune, - e in base allo studio delle proposte formulate da mons. Lefebvre e delle conclusioni della visita compiuta dal card. Gagnon - la figura canonica che le è più consona è quella di una società di vita apostolica.

            1. Società di vita apostolica

            Si tratta di una soluzione canonicamente possibile, con il vantaggio di poter inserire eventualmente nella società clericale di vita apostolica anche dei laici (per esempio dei fratelli coadiutori).

            Secondo il Codice di Diritto Canonico promulgato nel 1983, can. 731-746, tale società gode di piena autonomia, può formare i suoi membri, può incardinare i chierici e garantisce la vita comune dei suoi membri.

            Negli statuti propri, con flessibilità e possibilità creative rispetto ai modelli conosciuti di società di vita apostolica, si prevede una certa esenzione nei confronti dei vescovi diocesani (cfr. can. 591) per quanto riguarda il culto pubblico, la cura animarum e le altre attività apostoliche, tenendo conto dei can. 679-683. Per quanto riguarda la giurisdizione sui fedeli che si rivolgono ai sacerdoti della Fraternità, essa sarà conferita o dagli ordinari del luogo o dalla Sede Apostolica.

            2. Commissione romana

            Sarà costituita dalla Santa Sede una commissione per coordinare i rapporti con i vari dicasteri e i vescovi diocesani, come anche per risolvere gli eventuali problemi e i contenziosi; tale commissione sarà provvista delle facoltà necessarie per trattare le questioni sopra indicate (per esempio, la fondazione, su domanda dei fedeli, di un luogo di culto là dove non esiste una casa della Fraternità, ad mentem can. 383 § 2).

            Questa commissione sarà composta da un presidente, da un vicepresidente e da cinque membri, di cui due della Fraternità.

            3. Condizione delle persone dipendenti dalla Fraternità
3.1. I membri della società clericale di vita apostolica (preti e fratelli coadiutori laici) sono retti dagli statuti della società di diritto pontificio.

            3.2. Gli oblati e le oblate, con o senza i voti privati, e i membri del terz’ordine dipendenti dalla Fraternità appartengono a un’associazione di fedeli dipendenti dalla Fraternità ai termini dal can. 303, e collaborano con essa.

            3.3. Le religiose (cioè, la congregazione fondata da mons. Lefebvre) che emettono i voti pubblici: costituiranno un vero istituto di vita consacrata, con la sua struttura e la sua autonomia, anche se si può prevedere una certa forma di collegamento per l’unità della spiritualità con il superiore della Fraternità. Questa congregazione - almeno all’inizio - dipenderà dalla commissione romana, invece che dalla Congregazione per i religiosi.

            3.4. I membri di comunità che vivono secondo la regola di diversi istituti religiosi (carmelitani, benedettini, domenicani, ecc.) e che sono legati moralmente alla Fraternità: è opportuno accordare a essi, caso per caso, uno statuto particolare che regoli il loro rapporto con il loro rispettivo ordine.

            3.5. I sacerdoti, che a titolo individuale sono moralmente legati alla Fraternità, riceveranno uno statuto personale che tenga conto delle loro aspirazioni e, nello stesso tempo, degli obblighi che derivano dalla loro incardinazione. Gli altri casi particolari dello stesso tipo saranno esaminati e risolti dalla commissione romana.

            Per quanto riguarda i laici che chiedono l’assistenza pastorale alle comunità della Fraternità: rimangono sottoposti alla giurisdizione del vescovo diocesano, ma - in riferimento specialmente ai riti liturgici delle comunità della Fraternità - possono rivolgersi a esse per l’amministrazione dei sacramenti (per il battesimo, la confermazione e il matrimonio rimanendo l’obbligo dell’usuale notificazione alle loro parrocchie; cfr. can. 878, 896, 1122).

           

            Nota

            È necessario prendere in considerazione la particolare complessità:

            1. della recezione da parte dei laici dei sacramenti del battesimo, della cresima e del matrimonio nelle comunità della Fraternità;

            2. delle comunità che praticano - senza appartenervi - la regola di un istituto religioso.

            Spetterà alla commissione romana risolvere questi problemi.

            4. Ordinazioni

            Per le ordinazioni, è necessario distinguere due fasi:

            4.1. Nell’immediato:

            Per le ordinazioni previste a breve termine, mons. Lefebvre sarà autorizzato a conferirle o, se egli non potesse, un altro vescovo da lui accettato.

            4.2. Dopo l’erezione della società di vita apostolica:

            4.2.1. Per quanto possibile, e secondo il parere del superiore generale, seguire la via normale: rimettere le lettere dimissorie a un vescovo che accetta di ordinare i membri della società.

            4.2.2. A causa della situazione particolare della Fraternità (cfr. sotto): ordinazione di un vescovo della Fraternità che, tra gli altri compiti, avrà quello di procedere alle ordinazioni.

            5. Problema del vescovo

            5.1. A livello dottrinale (ecclesiologico), la garanzia di stabilità e il mantenimento della vita e dell’attività della Fraternità sono assicurati dalla sua erezione a società di vita apostolica di diritto pontificio e dall’approvazione degli statuti da parte del Santo Padre.

            5.2 Ma a causa di ragioni pratiche e psicologiche, appare utile la consacrazione di un vescovo membro della Fraternità.

            Per questi motivi, nell’ambito della soluzione dottrinale e canonica della riconciliazione, noi suggeriamo al Santo Padre di nominare un vescovo scelto nella Fraternità, su presentazione di mons. Lefebvre. Come conseguenza del principio sopra citato (5.1), questo vescovo non sarà normalmente superiore generale della Fraternità. Ma sembra opportuno che sia membro della commissione romana.

            6. Problemi particolari

            (da risolvere con decreto o dichiarazione)

            - Togliere la sospensione a divinis a mons. Lefebvre e dispensare dalle irregolarità incorse a causa delle ordinazioni.

            - Prevedere una “amnistia” e un accordo per le case e i luoghi della Fraternità eretti - o utilizzati - finora senza autorizzazione dei vescovi.

            Joseph card. Ratzinger

            mons. Marcel Lefebvre


                       Traduzione italiana in EV 11, pp. 385-393

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